Il Germano reale
Il Germano reale è senz’altro l’anatra più conosciuta e anche una delle più belle dei nostri climi.
La femmina è macchiata di bruno, con un becco bruniccio e una larga macchia viola sull’ala (specchio).
I maschi (quando devono attirare le femmine),sono dei magnifici e colorati uccelli: la testa e il collo sono di colore verde, un collarino bianco separa il capo dal petto castano acceso, le parti inferiori grigio, le penne della coda sono bianche ma nella parte centrale invece sono nere e rivolte all’insù, le zampe rosse aranciate e il becco è giallo.
In luglio i germani sembrano sparire dai luoghi abitualmente frequentati, in realtà si sono solamente ritirati nei canneti o in altri luoghi appartati, per compiere la muta che è per loro un periodo particolarmente pericoloso, perché diventano completamente inetti al volo per la contemporanea caduta delle ali.
Quando ritornano alla solita vita, le femmine sono identiche a prima, i maschi invece sono completamente cambiati: del piumaggio che avevano prima non è rimasto altro che degli accenni come lo specchio brillante, il vertice più scuro e il petto più rossastro.
In autunno poi i maschi cambiano abito di nuovo rivestendosi dei magnifici colori che dureranno fino all’estate successiva.
Riproduzione
La femmina si costruisce il nido (ben riparato e vicino all’acqua) e vi depone dalle 7/8 uova alle 10/12, dopo averle covate per circa 28/30 giorni ed accudisce i piccoli per 2/3 mesi.
Il tutto sotto l’occhio attento del maschio.
Alimentazione
Il germano si nutre sia di sostanze vegetali come alghe, granaglie, piante acquatiche e sia di insetti, vermi, molluschi e piccoli pesci.
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Farfalle senza ali
Sapevate che esistono farfalle senza ali?
No!
Ebbene si!
Certo, riesce alquanto difficile pensare ad una farfalla senza le sue caratteristiche e variopinte ali, però in alcune specie l’addome della femmina pieno di uova, diventa così pesante da rendere difficile ogni spostamento e allora le ali diventano superflue, anzi addirittura costituiscono un impaccio e così si riducono a moncherini o spariscono del tutto.
Eh si,spariscono proprio.
Ci sono specie che hanno maschi agili e alati, mentre le femmine presentano un corpo smisuratamente gonfio e sprovvisto di ali.
Sono chiamate “attere”.
Nella famiglia delle Psiche, la farfalla femmina, non solo è completamente priva di ali, ma si presenta più involuta della stessa larva, tanto che il suo corpo è ridotta ad un sacchetto pieno di uova e somiglia a un verme piuttosto panciuto.
Questa creatura resta nascosta all’interno del suo bozzolo larvale fatto di seta e di frammenti vegetali, per proteggere il proprio ventre in cui è racchiuso l’avvenire della specie.
Nessuno riuscirebbe a trovarla e tantomeno a riconoscerla come farfalla, eppure il maschio (dalle ali perfettamente sviluppate), con le sue antenne molto sensibili e guidato dal caratteristico odore che essa sprigiona,riesce a trovarla.
Esiste anche una piccola farfalla che si sviluppa nelle acque degli stagni (Acentropus Niveus) che presenta due forme di femmine:una è alata, l’altra ha gli organi del volo ridotti a due moncherini.
Il maschio invece (come al solito), ha sempre ali normalmente sviluppate.
CURIOSITA’
A volte può verificarsi un curiosissimo ed eccezionale caso: un individuo è contemporaneamente maschio e femmina, ossia è “ginandromorfo”.
Il suo addome contiene a destra gli elementi sessuali maschili e a sinistra quelli femminili, o viceversa.
Accade allora un fatto straordinario: la farfalla presenta una metà del corpo e delle ali tipicamente maschili e l’altra metà con caratteristiche femminili.
In questo caso il fenomeno è molto evidente ed è inutile dire che questi esemplari, quando si ha la fortuna di trovarli, fanno la felicità dei collezionisti in cerca di rarità.
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Animali abbandonati e poi…investiti
Animali prima abbandonati e poi investiti: dura la vita degli animali domestici d’estate!
E’ sempre troppo alto il numero dei nostri amici a 4 zampe che, puntualmente, con l’arrivo del caldo e delle vacanze, vengono abbandonati vigliaccamente e con troppa leggerezza, dai loro padroni.
Da quando vengono presi nei canili, o comprati o regalati da conoscenti con tante cucciolate, all’arrivo dell’estate,vengono amati ed allevati per la gioia dei bambini o per la propria, poi improvvisamente ci si libera di loro come niente fosse.
E pensare che di strutture alberghiere dove sono ammessi ce ne sono davvero tante, eppure…
Così dopo l’abbandono, molti di loro vengono pure investiti, soprattutto di notte, mettendo a repentaglio anche la vita degli automobilisti stessi.
Come comportarci se ne troviamo uno o se lo abbiamo investito proprio noi?
Intanto togliamolo immediatamente dalla strada, magari trascinandolo per le zampe posteriori, mettendolo e mettendoci al riparo dal traffico.
Poi facciamo una primissima pulizia della/e ferita/e: non avendo con noi garze sterili, procediamo con dei fazzolettini puliti per rimuovere lo sporco e il sangue.
Quindi ci rechiamo subito da un veterinario o in un ambulatorio specialistico più vicino.
Se l’animale ha il microchip impiantato, si potrà anche risalire al proprietario…
Così facendo possiamo salvare circa il 70/80% di cani e gatti investiti.
Facciamo in modo che le nostre vacanze siano anche le loro vacanze.
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La bachicoltura
Un po’ di storia
La bachicoltura inizia in Cina qualche millennio prima di Cristo e la tradizione (o leggenda), vuole che sia stata un’imperatrice ad insegnare al suo popolo i procedimenti per ottenere il filo di seta, a condizione però che tale lavorazione fosse rimasta segreta: non doveva cioè, oltrepassare i confini cinesi.
Per molto tempo quindi, non solo il popolo custodì tale segreto, ma i cinesi divennero anche gli unici produttori di stoffe di seta.
All’inizio dell’era cristiana però sappiamo che i manufatti di seta si producevano pure in Egitto, in Siria e in Palestina e più tardi a Costantinopoli, anche se la materia prima doveva sempre essere importata dalla Cina ed arrivava in occidente attraverso la cosiddetta “Via della Seta”.
A causa poi degli alti costi di produzione, aggiunti a quelli ancora più alti del trasporto, la seta divenne ben presto, una merce molto, molto preziosa.
La ritroviamo intorno al 530-550 d.C. quando, secondo una leggenda, alcuni monaci provenienti dall’india portarono in dono, al papa o all’imperatore (le leggende non sono mai precise),dentro un bastone cavo, dei bachi.
Così, fino al XII sec. l’Oriente fu la culla della seta.
Successivamente, gli arabi impiantarono sia la sericoltura che la tessitura della seta in Spagna e in Sicilia e poi in tutta Italia.
Dopo la seconda guerra mondiale la bachicoltura declina per colpa di due fattori:
1) Esodo della manodopera dalle campagne verso le città;
2) concorrenza asiatica, con tecnologie avanzate e prezzi bassi.
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Il baco da seta
Il baco da seta (Bombyx mori) è un insetto che si nutre delle foglie del moro (nome comune del gelso, la pianta che dà, appunto le more).
Tutto ha inizio con l’incubazione delle uova del baco,le quali,una volta schiuse danno vita ai bruchi.
Questi per circa 6 settimane vengono nutriti con foglie di gelso e alla fine sono pronti a filare il bozzolo.
Oltre alle foglie di gelso però, i bachi possono essere nutriti anche con un’alimentazione artificiale, dove la foglia di gelso costituisce soltanto l’attrattiva per farli mangiare, il resto è composto dalla soia (proteica), sali minerali, vitamine e sostanze vegetali.
(Le foglie sono legate alla stagionalità, invece l’alimentazione artificiale si può somministrare sempre, solo che se al baco si somministrano foglie di gelso,poi difficilmente mangerà cibo artificiale, sarà molto improbabile che torni indietro).
Per facilitare l’imbozzolamento,bisogna porre i bachi su strutture di legno (sono in commercio anche particolari “cespugli” di plastica).
Poi, per sciogliere e srotolare il delicato e prezioso bozzolo, che è tenuto insieme da uno strato di colla,viene immerso in acqua bollente, poi in quella a temperatura ambiente, quindi si trova il capo del bozzolo e si srotola il sottilissimo filo che, attraverso macchinari particolari e mani sapienti, si trasforma in matasse e rocchetti da lavorare.
Sappiamo che oggi la seta “pura” è stata soppiantata da quella artificiale, certo il risultato è quasi lo stesso (a livello estetico),stoffa molto fine, morbida, raffinata ma volete mettere quella ottenuta dalla lavorazione paziente dei fili sottilissimi dei bozzoli del baco!?
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Pecora frisona
Sapevate che, oltre alla mucca, esiste anche la pecora “Frisona”?
Arriva dalla Germania, precisamente dalla Frisia dove è allevata in piccoli allevamenti. Gli animali sono molto curati, vivono di pascolo e ricevono integrazioni alla mangiatoia quasi giornalmente.
I pascoli poi sono fertili e le stalle comode.
Oggi è allevata anche in Italia, soprattutto in Sardegna, Piemonte, Lombardia, Toscana, Lazio e Sicilia.
La pecora frisona è un’ottima lattifera, può fare fino a 5 litri di latte rispetto ai 2/3 di una qualsiasi altra pecora, (praticamente è la razza ovina che produce più latte in assoluto), tra l’altro molto buono, ricco di proteine (grasso intorno al 6/7 %) e, se trasformato, si ottengono formaggi davvero molto gustosi.
Partorisce anche 4 agnellini, che allatta alla grande, favorendo così il loro accrescimento in tempi molto brevi.
La sua alimentazione è costituita da una miscela di sfarinati e integratori poi trasformati in un “piatto unico”.
Come se non bastasse, oltre al latte, anche la produzione di carne è da considerarsi interessante.
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Allevamento di bufale
Conosciamo tutti senz’altro le bufale ed apprezziamo molto i derivati del suo latte bianco opaco, dal sapore piuttosto dolce: la caratteristica e buonissima mozzarella, oppure la ricotta, la provola, etc… così come sappiamo tutti che è un animale molto rustico e non proprio bello a vedersi.
Ha un manto nero che attira il sole e siccome non suda (in quanto sprovvisto di ghiandole sudoripare), ama sguazzare nelle pozze acquitrinose e paludose del terreno (un tempo erano formazioni naturali).
Oggi per rinfrescarle, si utilizzano particolari piscine o doccette collocate nelle stalle, per dare loro il necessario e dovuto refrigerio.
L’alimentazione è costituita prevalentemente dal pascolo, oppure se non stanno all’aperto, vengono nutrite con fieno, paglia e mangime.
I vitellini invece, prima bevono il latte della madre e poi per lo svezzamento, mangime pellettato.
Le aziende (di solito), fanno in modo che i parti delle bufale avvengano in primavera/estate, così la produzione del latte è abbondante (per nutrire i piccoli) e l’azienda può far fronte alle richieste di mozzarella di bufala per le ricette estive.
E’ un latte la cui resa per la produzione di mozzarella, è quasi doppia rispetto al latte vaccino.
Quello che però non tutti sanno è che dallo scarto delle mozzarelle e ricotte, opportunamente lavorato, si ottiene una fonte di energia davvero importante:
il biogas.
Si miscela e si riscalda lo scarto del residuo del caseificio con il fango e il letame (scarti agroalimentari e zootecnici), si raccoglie tutto in particolari impianti detti “reattori”, all’interno dei quali avviene un processo di fermentazione che produce il biogas: un gas biologico che contiene il 55/60% di metano.
Tutto ciò consente un risparmio di combustibili fossili.
I resti della fermentazione poi, diventano concime per le coltivazioni di foraggi che costituisce la fonte alimentare degli allevamenti in questione.
Così lo smaltimento dei rifiuti si trasforma, non solo in valorizzazione e risorsa per l’azienda, ma anche e soprattutto per l’ambiente.
Abbattendo in questo modo i costi molto elevati per lo smaltimento di tali rifiuti.
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L’asino
Sapevate che l’asino è considerato un animale da compagnìa?
Si, avete capito bene, da compagnìa, proprio così.
Lo si è sempre visto come un animale da lavoro, anzi da fatica, con la sua soma spesso piuttosto pesante, che aiuta l’uomo nei lavori più faticosi, appunto.
Ma forse non sapete che l’asino è anche intelligente, docile e molto, molto affettuoso con le persone, con le quali entra in sintonìa e riesce a “giocare”.
Dietro a quello sguardo sempre piuttosto triste, c’è un essere ancora sconosciuto ai più.
Andiamolo a conoscere meglio.
E’ certo un animale molto rustico che mangia fieno, paglia e cereali e ama pascolare liberamente all’aria aperta.
Anzi, ha “bisogno” proprio di stare all’aperto.
Deve però avere anche un ricovero al coperto (stalla), con molta acqua a disposizione.
E sapevate che le asine producono un latte delicato, pregiato,con un leggero gusto di mandorla fresca e con caratteristiche nutrizionali simili a quello umano? Contiene proteine, pochi grassi (0,3%), lattosio e anche fattori di accrescimento cellulare e ormonale.
Viene considerato un alimento “nutraceutico”, cioè nutre e aiuta la crescita ed è ben tollerato da chi non può bere quello di mucca.
L’asino, inoltre pascolando all’aperto, mangia il sottobosco (evitando,in un certo senso, gli incendi) e forma dei sentieri in cui si incanala l’acqua delle piogge, prevenendo anche le frane.
Sarà forse per tutto ciò, che in Italia il suo allevamento è in espansione?
A noi del mio nido la cosa piace e interessa molto.
Come vedete, quando qualcuno vi darà dell’asino,
beh,non potete che ritenerlo un complimento!
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Abbiamo già dedicato alcuni articoli, relativi ai comportamenti da adottare, quando troviamo un animale abbandonato.
Ora, invece affronteremo in poche righe, il problema opposto e cioè, quando i nostri amici a quattro zampe si perdono.
Come muoversi?
Una premessa: il più delle volte tornano da soli, ci mettono un po’ di tempo ma, se non sono stati presi o investiti, tornano dal loro padrone, anche a costo di camminare per km e km, sfidando ogni avversità.
In ogni caso la prima cosa da fare è senz’altro avvertire l’anagrafe.
Un buon proprietario si è preoccupato sicuramente, di premunire il suo animale di un microchip, depositato poi all’anagrafe di competenza.
Ogni chip ha un numero di identificazione, (leggibilecon uno speciale dispositivo a scansione), il quale fornisce il nome e l’indirizzo del proprietario, insieme ad altre informazioni, anche mediche, relative all’animale.
Poi ci si attiva per fare il cosiddetto volantinaggio: affiggere e/o lasciare dappertutto, un volantino con la foto del nostro “amico”insieme a tuttii suoi dati.
Il cane possiede un ottimo senso dell’orientamento, con particolare riguardo però, alla sua zona, cioè quella che percorre insieme al suo padrone ogni giorno e che quindi conosce molto bene, altrimenti anche lui può incontrare delle serie difficoltà per ritrovare la strada di casa.
Il gatto è più libero, è vero, e sta per più giorni fuori, però se non incontra impedimenti, torna sempre dal suo padrone.
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Polli “latte e miele”
E’ una nuova tecnica di allevamento, assai curiosa è vero, però con ottimi risultati (soprattutto per il palato).
Sono polli a collo nudo (senza piume), una razza rustica, molto adatti all’aria aperta e ad accrescimento lento, cioè 120/140 giorni, rispetto ai 40/60 dei polli industriali.
Hanno meno grasso dei comuni polli, stanno per lo più all’aperto, in spazi molto ampi e il loro accrescimento è lento anche grazie al cibo somministrato: cereali, crusca e, ovviamente, latte e miele.
Tutti i volatili, compresa l’anatra, possono essere nutriti a latte e miele.
Inoltre questa particolare alimentazione, viene somministrata (a scopo sperimentale), anche su incroci di galline padovane.
Questa innovativa tecnica è frutto di un progetto messo a punto dalla camera di Commercio di Padova, con un brevetto depositato nel 2007.
Allevando al meglio gli animali, si ottiene una carne di notevole qualità,
ma questo non ve lo dobbiamo dire certo noi!!
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Maiali sepolti vivi sotto una slavina: un discutibile esperimento nel Tirolo austriaco dell'Ötztal, svolto dall'Istituto per la medicina d'emergenza in montagna di Bolzano, sta surriscaldando gli animi della politica e delle organizzazioni per protezione degli animali. Il test prevede di simulare la morte di una persona sotto le masse di neve. Per effettuare lo studio saranno impiegati 29 maiali.
Leggi tutto: Maiali sepolti vivi per un esperimento
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