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Haiti, squadre cinofile da tutto il mondo per affiancare i soccorritori nelle ricerche dei superstiti tra le macerie

Per loro in fondo è un po' la continuazione di un gioco, quello che hanno imparato iniziando a frequentare i corsi di addestramento in uno dei tanti centri che fanno capo alle associazioni di protezione civile o ai corpi militari dello Stato. Ma il loro «gioco» è in grado di salvare molte vite umane. Appena è scattata l'emergenza anche loro, i cani da catastrofe, sono stati mobilitati assieme alle squadre di ricerca e di pronto intervento partite da ogni angolo del mondo. Nelle loro gabbie hanno attraversato mari e oceani. E adesso aspettano solo di entrare in azione, segnalando ai loro conduttori la presenza di persone ancora in vita sotto i palazzi crollati. Li abbiamo già visti in azione in Abruzzo, dopo il sisma dell'aprile scorso. Gli «angeli a quattro zampe» hanno permesso ai vigili del fuoco e ai militari impegnati nelle ricerche di concentrare gli sforzi dove c'era la certezza della presenza di esseri umani. E così faranno anche tra le rovine dell'area di Port-au-Prince completamente devastata dal terremoto di martedì notte.

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Parco Gran Sasso/Laga: accertata presenza della Martora

 

Grazie ad una ricerca scientifica finanziata dal Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga e svolta in collaborazione con l'Università degli Studi di Perugia, è stata accertata nell’area protetta la presenza della Martora (Martes martes).

La martora è un piccolo carnivoro, appartenente alla famiglia dei mustelidi, tanto raro e disperso nella penisola, quanto abbondante e diffusa è la Faina (Martes foina), sua “specie gemella”.

La somiglianza tra le due specie è uno dei problemi principali che si pongono alla ricerca scientifica sul campo, tuttavia, presso il Dipartimento di Biologia Cellulare e Ambientale dell’Ateneo perugino, il gruppo di lavoro di Zoologia Ambientale ha messo a punto procedure genetiche e morfologiche specifiche per riconoscere la martora dalla faina, sia “post mortem” che in vita.

Nel Parco la presenza della Martora è stata accertata grazie a tracce rinvenute nell’area del lago di Campotosto e nel comprensorio della Laga.

Dei cinque campioni selezionati ed esaminati allo scopo, infatti, due sono stati raccolti sul Monte Mozzano (comuni di Capitignano e Pizzoli), due nel Bosco della Martese (Rocca Santa Maria) e uno presso il Colle della Pietra (Crognaleto).

Considerando che le ultime notizie bibliografiche relative alla presenza della Martora nel Parco risalgono agli anni 1960 – 70, e che dall’istituzione dell’Ente, avvenuta nel 1995, non si hanno segnalazioni scientifiche in merito alla specie, la notizia del ritrovamento è di grande significato nel quadro delle conoscenze relative alla biodiversità dell’area protetta.

La martora è una specie d’interesse comunitario, inserita nell’Allegato V della Direttiva Habitat, ed è distribuita in maniera discontinua e frammentata lungo la catena appenninica.

Ciò è dovuto al venir meno di habitat idonei ma anche alla forte pressione venatoria di cui è stata oggetto fino agli anni ’70. L’elevato valore economico della sua folta pelliccia, infatti, unito alla fama infausta di animale nocivo, ha determinato una grave rarefazione della specie che sembra aver cercato rifugio in aree remote e densamente boscate.

«La presenza della Martora nell’area protetta – ha dichiarato il Commissario Straordinario Arturo Diaconale – costituisce l’ennesima indicazione positiva sullo stato di conservazione degli ecosistemi forestali del Parco e fornisce allo stesso tempo importanti elementi di valutazione per una gestione attenta e rispettosa del suo esteso patrimonio boschivo».

23/12/2009

 

Fonte: Agricoltura Oggi

 

 

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FATTORIE A DISTANZA

 

C'è chi li chiama per nome e appende le foto sul frigorifero e c'è chi li guarda brucare l'erbetta pensando al latte prodotto, e ai formaggi sani e convenienti che arriveranno sulla loro tavola.

Più di 10mila italiani (un dato empirico fornito dalle associazioni di allevatori e coltivatori che sostengono l'esperimento) posseggono una mucca, una capra, un asino, un maiale e perfino una o più galline senza avere neppure un metro di terreno né un pollaio o una stalle nel cortile.

È l'adozione a distanza degli animali da fattoria, che in alcuni casi sta aiutando interi settori - come l'allevamento allo stato semi-libero di pecore e capre - a sopravvivere a forme più redditizie e razionali.

Per tutti rappresenta un modo di tornare alla natura, la sensazione, magari illusoria, di aiutare da lontano un altro essere vivente che in cambio fornisce latte, uova e perfino lana ancora da cardare.

 

 

Fonte: laRepubblica.it

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Ma quanto ci costano!?!

 

In Italia quasi una famiglia su due possiede un piccolo animale domestico in casa.
Un miliardo e 750 milioni di euro è la spesa annua per la salute di Fido e compagni.
La cifra è il frutto di uno studio contenuto nel primo rapporto Assalco, l'associazione nazionale delle imprese per l'alimentazione e la cura degli animali di compagnia.
Il cibo è la prima voce in bilancio.
Sono 450 i milioni spesi in alimenti per cani e 669 milioni per i gatti.
Il prodotto in scatola fa la parte del leone.
Pappette e crocchette sottovuoto muovono un fatturato di 450 milioni di euro.
Si sfrutta la facilità della somministrazione, di conseguenza, è estremamente agevole smaltire gli avanzi.
Per converso diminuiscono le preparazioni fatte in casa: il 50% delle famiglie sceglie cibo industriale, secondo il parere dei veterinari più nutriente e bilanciato.
A lungo andare poi i consumatori si affezionano e si identificano in una marca.
Il volume d'affari è destinato ad un ulteriore trend di crescita, specie se si considera che nel 1983 le tonnellate consumate erano appena 75mila.
Le spese non si limitano solo al cibo.
I prodotti per l'igiene, il benessere e la cura dei piccoli pet rappresentano esborsi piuttosto consistenti (per un totale di 420 milioni di euro).
Come i figli (aumentano i casi di cuccioli chiamati con nomi umani) anche gli animali sono pezzi di cuore e il 25%, su un campione di 5000 intervistati, punta solo a prodotti di altissima fascia e svaligia solo gli scaffali di qualità per il sostentamento degli amici a quattro zampe.
Cani, gatti, criceti e canarini sono sempre più viziati dunque.
Se si pensa che, in tempi di crisi gli italiani hanno speso tanto per il benessere dei loro animali domestici, allora si può dedurre che non si tratta più di una moda elitaria.
Dall'associazione arriva, infatti, una stoccata polemica contro l'Iva al 20% sui prodotti per animali, classificati come prodotti di lusso.
Conosce un folgorante incremento anche il mercato pubblicitario rivolto a cani, gatti e affini. Vettore per eccellenza è la Tv, ma anche la radio, le riviste specializzate ed internet stanno interessando molto i guru del marketing di settore per ampliare la nicchia di mercato.
La cura degli animali domestici è correlata all'anzianità dei proprietari.
In proposito sostiene l'Assalco, l'animale domestico costituisce un toccasana contro la solitudine e un antidoto all'invecchiamento e alla stanchezza.



Fonte: Virgilio.it

 

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Città, inquinamento e clima.
Spariscono gli anfibi in Italia.

 Pubblicato il primo studio per individuare le cause del declino di queste specie nel nostro paese.

Che chiama in causa il cambiamento climatico: un imputato finora sottovalutato 

 di JACOPO PASOTTI 

GLI ANFIBI sono le specie animali più minacciate.

In Europa ne vivono 85 tra rane, rospi, tritoni e salamandre, di cui il 60% in declino.

Una quota superiore a quella dei mammiferi (15%) o degli uccelli (13%). In Italia le specie sono 36 e 9 di queste potrebbero presto essere solo un ricordo.

Un quadro allarmante - le cui cause sono la riduzione delle aree umide, l'urbanizzazione, le malattie, l'inquinamento e la caccia indiscriminata- tratteggiato da uno studio italiano pubblicato dalla rivista Biological Conservation.

"L'Italia ospita il maggior numero di specie complessivo ed è quindi tra i paesi con il maggior declino", dice il biologo Pierluigi Bombi, che insieme a Manuela D'Amen della Università di Roma Tre, punta ora il dito contro il cambiamento climatico, un problema sottovalutato nella conservazione degli anfibi italiani.
D'Amen e Bombi hanno studiato le 12.500 segnalazioni raccolte in più di dieci anni da volontari sparsi lungo la penisola.

Grazie anche a informazioni ecologiche e immagini satellitari hanno ritratto lo stato odierno della fauna anfibia italiana.

Secondo i ricercatori il declino è maggiore nelle regioni che hanno subito forti sbalzi climatici.

"Il problema sono la diminuzione di acqua e l'aumento della temperatura", dicono.

Le pozze stagionali si asciugano prematuramente, e ciò impedisce la riproduzione di rospi e raganelle.

"In alcune regioni in cui il calo degli anfibi era attribuito alla distruzione dell'habitat, abbiamo invece visto che la causa principale è stata il clima". Inoltre, ricordano gli scienziati, il clima favorisce l'insorgere di epidemie.  

[…]



E diminuiscono  il rospo comune, la rana "verde", il tritone italico e la rana italica.
Rospi e salamandre non godranno forse del favore degli italiani, ma sono importanti per l'ambiente.

Per esempio limitano la proliferazione di topi ed insetti.

Edoardo Razzetti, biologo presso il Museo di Storia Naturale di Pavia sottolinea: "Gli anfibi sono un patrimonio della biodiversità che dovremmo trasmettere ai nostri figli.

In fondo anche la tigre siberiana non è essenziale per la sopravvivenza umana, ma pensare così vuole dire aver perso il rapporto che abbiamo con gli ambienti naturali".

Secondo D'Amen e Bombi i risultati dello studio, serviranno alle istituzioni per la tutela della fauna che regna nelle paludi e negli aquitrini italiani.

Bisognerà infatti riconsiderare la protezione degli anfibi in un Mediterraneo destinato ad essere più arido e brullo.

Non saremmo certo i primi a farlo, dice Bombi: "In Spagna esistono già studi sulla efficienza delle aree protette nella difesa degli anfibi, dei rettili, ed in generale della biodiversità, che tengono conto dell'impatto che avranno i cambiamenti climatici".

(22 settembre 2009)  

Fonte: LaRepubblica.it

 

 

 

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In Italia 750mila cani sono maltrattati in casa

  Sono almeno 300mila i cani tenuti a catena corta o rinchiusi in spazi troppo ristretti, 150mila i cani costretti a vivere in appartamenti angusti e non fatti mai uscire per una corsa o una sgambatura.

Almeno 50mila cani ogni anno sono costretti a ricorrere alle cure veterinarie a causa di maltrattamenti, botte, ferimenti subiti tra le mura domestiche.

A denunciarlo è l'associazione ambientalista Aidaa, che fa sapere inoltre che sono circa 250mila i cani malnutriti e tenuti in situazioni igienico-sanitarie insoddisfacenti o sottoposti a varie torture quale l'uso del vietatissimo collare elettrico.

Questi sono i numeri dei maltrattamenti subìti complessivamente da circa 750mila cani di proprietà in Italia, numeri che vanno ad aggiungersi alle migliaia di cani abbandonati ogni anno e che ci fanno avere il quadro complessivo dei maltrattamenti a cui sono sottoposti gli animali domestici nelle famiglie italiane.

I numeri sono frutto di un`analisi incrociata dalle segnalazioni giunte allo Sportello Animali ed al Tribunale degli Animali di Aidaa, e quelli ricavati dalle proiezioni sulle segnalazioni giunte ad una trentina di Associazioni Animaliste locali presenti in tutta Italia.

Il maggior numero di maltrattamenti si registra al Sud, dove è anche maggiormente concentrato il numero di abbandoni;

anche nelle zone rurali del Nord però ci sono molte segnalazioni di maltrattamenti di cani, in particolare per quanto riguarda l'uso del collare elettrico e la loro tenuta in spazi o gabbie troppo piccole.

"Quello delle sevizie sugli animali tra le mura domestiche è sicuramente un fenomeno molto diffuso, le cui proporzioni sono più grandi rispetto all'abbandono - dice Lorenzo Croce presidente nazionale Aidaa -.

I numeri che noi forniamo sono desunti dal lavoro di tre anni dello Sportello Animali, ma anche da un lavoro capillare di confronto con le segnalazioni e le denunce pervenute alle Associazioni di Tutela degli Animali che operano localmente in tutte e 20 le regioni italiane".

La cattiva abitudine di sottoporre gli animali domestici a sevizie o comunque a maltrattamenti dovuti prevalentemente a questioni che poco hanno a che vedere con la natura stessa degli animali è un fenomeno che va seriamente studiato ed affrontato, in quanto non si discosta come mentalità diffusa dall'altro orrendo fenomeno della violenza tra le mura domestiche sui soggetti deboli della famiglia.

  

Fonte: Tiscali.it

 

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Il coniglio: un  animale  da  compagnia



Nel giro di qualche anno nel nostro Paese il coniglio è diventato un animale da compagnia, passando da pietanza a pet.

E si è conquistato anche il terzo posto nella classifica degli animali più diffusi nelle nostre case dopo il cane e il gatto.

Ma a differenza di questi ultimi, si pensa che il piccolo animale abbia bisogno di meno cure e attenzioni.

In realtà non è così.

Ecco perché.

La moda del coniglio come animale da compagnia, in Italia, è iniziata da una decina di anni e si è affermata negli ultimi quattro o cinque. Ma ancora oggi questi animali entrano nelle case come cibo.

C'è chi li tiene come amici e chi li mangia; qualcuno, poco sensibile, fa entrambe le cose.

Negli Usa, il passaggio da “carne bianca” ad animale d’affezione è avvenuto prima, ma non in tempi antichi, risale agli anni ’80 del secolo scorso e solo nel 1988, in California, venne fondata la House Rabbit Society, che poi divenne la “casa madre” e l’associazione modello per tutti gli appassionati. 

Una specie da compagnia

Con “coniglio” si intende quello europeo, Oryctolagus cuniculus, appartenente alla famiglia Leporidi dell’ordine dei Lagomorfi (come la lepre) e non dei roditori, come si pensa comunemente.

I vari tipi, nano, gigante, ariete, angora, rex, testa di leone e molti altri - ne sono stati contati quasi 60 - sono delle razze, selezionate artificialmente, ma tutti, compresi quelli “da carne” fanno parte della stessa specie.

E tutti possono essere ottimi animali da compagnia, la taglia infatti non è rilevante.
Non si può sapere quanti conigli domestici ci siano nel nostro paese, non esiste infatti un'anagrafe e le cifre basate sugli alimenti confezionati venduti come adatti per questi animali non sono valide, perché i bravi padroni non li comprano.

Le uniche stime disponibili sono quelle che affermano che il coniglio è al terzo posto, tra gli animali d’affezione, dopo gatto e cane. 

Conigli di ripiego

Purtroppo i motivi per i quali la maggior parte delle persone prende un coniglio sono sbagliati.

Spesso è una scelta di ripiego; scartati il cane, perché troppo impegnativo, e il gatto, perché fa danni, si passa al coniglio, considerato facile da tenere e senza esigenze mediche ed esistenziali.

Invece è un animale sensibile, intelligente, vivace, affettuoso e con una sua personalità, diversa da individuo a individuo.
Andando sul pratico, tutto ciò significa che non può vivere sempre in gabbia, che è delicato, che ha bisogno di relazioni affettive, di gioco, di alimentazione specifica e di cure veterinarie qualificate.

Inoltre, i padroni devono dedicargli tempo e attenzione per insegnargli molte cose: dall’usare la cassettina igienica al relazionarsi con tutta la famiglia.

Questo perché è un animale sociale, cioè in natura vive in gruppo, in una colonia, ed è raccomandabile non lasciarlo sempre solo.

Chi pensa di avere poco tempo da dedicargli è meglio che ne adotti due, magari prendendoli da cuccioli.

Ma si può anche scegliere un adulto – o due adulti, ma che siano già amici - scegliendo tra i tanti abbandonati e reperibili presso le associazioni zoofile.

 

  

Fonte: Focus.it

 

 

Una raccomandazione 

Non prendete mai un coniglio per le orecchie!

Essendo molto vascolarizzate, hanno un ruolo importante nella termoregolazione;

sono delicate e sensibili, e non devono assolutamente essere utilizzate per afferrare il coniglio.

 

 

 

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Cosa fare quando si trova un cane o un gatto abbandonato

  

A chi non è capitato di imbattersi in un cane o un gatto senza casa?

 

Ma cosa si deve fare quando si trova un animale in difficoltà, magari impaurito e affamato?

 

E cosa non fare.

 

La prima cosa da fare è chiamare i vigili, oppure portare l'animale dal veterinario, soprattutto se è ferito.  

 

 

Se trovi un cane

 


Avvicinati all’animale con calma e non camminare in maniera diretta verso di lui: il cane potrebbe interpretare questo gesto come una minaccia, spaventarsi e scappare o diventare aggressivo.

 

Stai accucciato e presta attenzione ai suoi segnali: denti scoperti, ringhi, pelo irto devono metterci in guardia.

 

Nei casi più difficili, se il cane è molto impaurito e diffidente è meglio non avvicinarsi e far intervenire gli esperti del canile, della ASL o di una delle tante associazioni di tutela degli animali presenti in tutta Italia.

 

Se invece si lascia avvicinare puoi rifocillarlo con un po’ di acqua e di cibo.

 

Il cibo spesso è anche un ottimo modo per fare “amicizia” e per far capire all’animale che non vogliamo fargli del male.

 

Poi chiama la Polizia Locale, oppure il servizio veterinario dell’ ASL, o l’Ente Protezione Animali (Enpa) o una delle associazioni di volontari che si occupano di animali abbandonati e informali del ritrovamento.

 

Una volta che l'avranno recuperato il cane sarà portato nel canile e rimarrà in osservazione per circa 10 giorni.

 

Al termine dei quali, se non verrà trovato il legittimo proprietario, sarà disponibile per l’adozione.

 

Controlla che non abbia qualche tatuaggio, guardando nell’interno coscia o all’interno del padiglione auricolare, oppure un microchip di identificazione (per risalire al proprietario).

 

Meglio ancora però, è rivolgersi ad un veterinario che ne accerterà le effettive condizioni (malattie o parassiti) e ne suggerirà la cura più adatta.

 

 

   

Fonte: Focus.it

 

 

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Se trovi un gatto

  

Se si tratta di un gatto che si è perso o è stato abbandonato ed è abituato al contatto con l’uomo non

 

 

dovresti avere grandi difficoltà ad avvicinarlo.

 

Se è proprio timido prova a offrirgli un po’ di cibo.

 

Se invece si tratta di un gatto randagio oppure di un gatto molto spaventato, riuscire a prenderlo potrebbe essere molto difficile.


In questo caso è meglio rivolgersi direttamente a una delle numerose associazioni per la tutela degli animali che hanno le competenze

e le attrezzature necessarie per recuperarlo senza eccessivi traumi.

Una volta avvicinato puoi fare due cose: chiamare qualche associazione di volontariato che si occuperà di lui; oppure portarlo dal

veterinario che controllerà il suo stato di salute e ti darà le indicazioni su come occuparti di lui.

 

Mentre i cani per la legge hanno un proprietario o dovrebbero averlo visto che devono essere tutti registrati, per i gatti non esiste un’anagrafe e quindi anche se non è stato abbandonato ma semplicemente si è perso, è impossibile (il più delle volte),  risalire al suo proprietario.

 

Prova a mettere dei cartelli in giro nella zona dove lo hai ritrovato o senti il veterinario di zona.

Se decidi di portalo a casa, prima di farlo entrare in contatto con altri eventuali amici a quattro zampe, consulta il veterinario 
Si accerterà che non abbia malattie trasmissibili e ti consiglierà il modo migliore per inserire l’animale in modo da evitare traumi anche agli altri animali di casa.

    

Fonte:Focus.it

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I cuccioli, sia di cane che di gatto, sono molto più delicati degli adulti e qualunque segno di malessere come vomito o diarrea, deve mettere in allarme.

Ma non solo, anche se non hanno sintomi evidenti i cuccioli possono essere affetti da qualche malattia.

 

Quindi se ne trovi uno e decidi di adottarlo la prima cosa da fare è portarlo dal veterinario (potrebbe anche avere un padrone ed essersi perso, in questo caso per i cani si tratterebbe di furto).

 

L’importante poi è non farlo entrare in contatto con gli altri animali di casa, neanche temporaneamente: il piccolo potrebbe infatti essere portatore di parassiti o di malattie pericolose anche per un animale adulto.

 

Altra cosa da evitare è quella fargli il bagnetto, meglio portarlo prima da un veterinario che ci darà i consigli migliori per curarlo.

 

 Fonte: Focus.it

           Una Raccomandazione:


Se si è testimoni di un abbandono, occorre prendere subito il numero di targa o qualche altro riferimento utile all’identificazione del colpevole e fare la dovuta denuncia.

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Terrario   

 Premessa

Esteticamente parlando, sembrano simili, trattandosi di contenitori di vetro o plastica, invece sono profondamente diversi non solo come ambiente ma anche per gli animali che li “abitano”, che presentano caratteristiche ambientali, a volte, addirittura opposte.

La caratteristica che ci permette di fare una prima distinzione tra Terrario, Terracquario e Paludario è la percentuale d’acqua nel contenitore stesso.

Certo, viene spontaneo convenire che allevare pitoni, lucertole, tritoni e quant’altro, non è proprio alla portata di tutti!

Ma allora cosa giustifica il mantenimento in cattività di rettili e anfibi?

In primis senz’altro il piacere di osservarne e studiarne il comportamento, poi sicuramente il gusto verso tutto ciò che sa di esotico e di non “comune”.

E allora vediamo quali sono le caratteristiche più importanti di questi strani ed inusuali ambienti. 

Il  Terrario 

E’ adatto a ospitare animali che non necessitano di acqua per regolare la temperatura del  proprio corpo e quindi l’ambiente è costituito essenzialmente da minerali quali sabbia, ghiaia, rocce.

Gli animali tipici e adatti a questo clima secco sono i rettili ma anche le comuni lucertole (presenti in ogni giardino), i ramarri, il tarantolino, ma anche rane e rospi.

Questi ultimi possono essere ospitati, volendo, anche nel terracquario.

In natura, questi animali, per ovviare alle variazioni di temperatura e mantenere il calore il più costante possibile, scavano in profondità nella sabbia fino a seppellirsi completamente o si nascondono negli anfratti rocciosi.

Questo, quindi, ci porta a considerare  di fondamentale importanza nel terrario due fattori: il riscaldamento e i materiali costituenti l’ambiente.

 

 

 

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