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       L’orto in città

 

Secondo la Coldiretti, sono davvero tante le aree verdi nelle città, grandi e/o piccole che siano, destinate a orti, utilizzando circa 1,1 milioni di metri quadrati di terreno comunale.

Gli italiani che hanno scoperto o ri-scoperto la voglia o la necessità di zappare, seminare, coltivare e curare non solo giardini ma anche orti, sono 21 milioni circa.

Colpa della crisi?

Forse.

Certo è che in quest’ultimo periodo c’è stato un vero e proprio boom di orti, perfino dove era impensabile si potessero fare.

Così, accanto a cibi a Km 0 (verdure, ortaggi, frutta, latticini e carni varie), è arrivata anche la moda-manìa-necessità (chiamatela come volete), degli orti fai da te.

E’ diventato ormai un fenomeno di rilevanti proporzioni che non riguarda solo chi ha un piccolo spazio verde privato e che magari l’orto o il giardino lo ha sempre curato, ma si parla di veri e propri appezzamenti di terra adibiti a orti urbani.

I vantaggi, naturalmente, sono molteplici:aiutano le famiglie in difficoltà, preservano le zone verdi altrimenti abbandonate e quindi condannate al degrado, creano momenti di incontro e di aggregazione sociale, aiutano a  riscoprire la natura  e a  condividere la passione e l’amore per la terra.

 

 

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 Benessere e centri termali

 

Salus Per Aquam (da cui le famose SPA), cioè salute attraverso l’acqua.

L’acqua è vita, lo sappiamo bene e le terme ne sono l’evidente realtà, gli etruschi avevano capito l’importanza e i benefici di alcune acque già ai loro tempi.

Nell’antica Roma poi (sia repubblicana che imperiale), gli edifici adibiti a terme erano circa 800 e non erano soltanto luoghi di benessere, ma anche centri conviviali: i senatori infatti, erano soliti incontrarsi, parlare e prendere decisioni (anche importanti), proprio alle terme dove, tra l’altro si sottoponevano anche a rigeneranti massaggi.

Gli antichi romani consideravano le acque delle vere e proprie panacee per tante patologie ed è davvero curioso come l’antica concezione della terapia termale coincida con quella moderna, anche se oggi è diventata più rigorosa dal punto di vista medico e scientifico, naturalmente.  

Così, come per il mondo della cosmesi, anche quello delle terme non conosce crisi, anzi, le persone sembrano disposte a rinunciare  a tante altre cose, ma non certo al benessere fisico, psichico e alla salute in generale.

In Italia abbiamo molti territori che sono valorizzati proprio da preziose e salutari acque apportatrici di benessere e salute a tutto tondo.

Ma qual è il periodo migliore per un trattamento termale?

Non esiste un tempo preciso, varia a seconda delle patologie da trattare e da curare, di solito si registra  una maggiore affluenza tra maggio e ottobre, ma ormai nelle terme si va tutto l’anno.

Inoltre, le acque termali, vengono continuamente testate per verificare il loro meccanismo di azione su determinate patologie.

Controindicazioni?

Poche e riguardano le patologie tumorali, le insufficienze renali, la cirrosi epatica, interventi chirurgici recenti e comunque  ognuno seguirà le indicazioni del proprio medico di famiglia o di uno specialista.

Ci sono anche prodotti con acque  termali per terapie da fare in casa usando creme, fanghi e prodotti per aerosol.

Ma che tipo di acque troviamo?

Ci sono quelle sulfuree ottime per la prevenzione e cura di malattie respiratorie come sinusiti, otiti, faringiti;

malattie della pelle quali psoriasi e vari tipi di dermatiti

I bagni termali con acque salsobromoiodiche efficaci per l’apparato osteoarticolare come artrosi, osteoporosi, reumatismi ed altre forme degenerative.

Ci sono acque capaci di sciogliere i calcoli renali, precedentemente bombardati e frantumati da apposite apparecchiature.

Per quanto riguarda le allergie invece, le acque non curano, però comunque si è notata  una sensibile riduzione delle manifestazioni allergiche.

 

 

Curiosità

Ma SPA e centri benessere sono la stessa cosa?

Verrebbe da rispondere subito si, in realtà no, non sono affatto la stessa cosa: nei centri termali si fa prevenzione, cura e riabilitazione di molte patologie, mentre nei centri benessere il corpo e la mente vengono coccolati e rigenerati, allontanando stress  e tensioni, ma le metodiche usate non sono di carattere sanitario.

 

 

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     I  cosmetici  e  l’impatto sull’ambiente

     -      Riflessione  -

 

Il mercato della cosmesi è forse l’unico che davvero non conosce crisi, in quanto sempre in crescita.

Ovviamente intendo quel mercato che va oltre il semplice acquisto del sapone detergente o della crema idratante per il viso, il corpo e le mani.

Parlo dei cosmetici, quelli intesi come veri e propri prodotti di bellezza e/o benessere che ci tentano non solo dalle vetrine delle profumerie del centro ma, anche dai ripiani delle grandi catene di supermercati e centri commerciali.

Ma cosa c’entra la cosmesi con l’ambiente?

C’entra,  eccome se c’entra!

Tanto per cominciare, avete mai fatto caso a quanto spreco c’è dietro a questi prodotti, anche i più piccoli?

Imballaggi di ogni dimensione e materiale che costano in termini di spesa, di spazio, di smaltimento e di risorse, ogni saponetta, dentifricio, crema e profumo è avvolto in confezioni di carta, cartone, cellophane, scatole e scatolette varie, a seconda delle dimensioni del prodotto e, ogni confezione, viene resa “invogliante” all’acquisto in maniera strategica.

Per fortuna, oggi sta prendendo piede sempre più il mercato dei prodotti cosiddetti “nudi”, cioè senza alcun involucro, non solo, ma studiati ad hoc anche per appagare la vista, coniugando così benissimo qualità, ricercatezza, prezzo e salvaguardia dell’ambiente.

Ci si orienta, insomma sempre di più verso prodotti naturali, fatti per es. con frutta fresca: maschere, saponi, olii profumati e molto altro, tutti dall’aspetto molto, molto invitante oltre che salutari.

Spesso poi sulle confezioni c’è la dicitura “non testato sugli animali”, è vero, però è altrettanto vero che gli ingredienti usati, quelli sì che vengono testati su di essi (purtroppo).

Per fortuna molte sono le aziende che  con maggiore frequenza si adeguano indirizzando il loro lavoro verso prodotti eco compatibili che, tra l’altro, trovano grande consenso di clientela, sempre più attenta a ciò che usa e a ciò che compra.

 

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          Come si pulisce l’argento

                           (seconda parte)

 

Ampliando il discorso sull’argenteria in generale e sulla sua pulizia in particolare, ci sono dei suggerimenti (a nostro avviso) molto utili che completano l’articolo postato precedentemente, (sempre in Approfondimenti).

Sapevate che l’argento ha fortissime proprietà antibatteriche?

Cioè, a contatto con l’acqua distrugge i batteri, ecco perché invece di tenerli chiusi dentro un’apposita vetrinetta a  farli ossidare o sopra i mobili  a raccogliere la polvere, gli oggetti d’argento dovrebbero essere utilizzati e, in special modo  le stoviglie.

Più le usiamo e meno si ossidano (a contatto con l’aria subiscono la cosiddetta “solforizzazione”, lo sappiamo bene),  invece usandole ogni giorno, sono igieniche, belle a vedersi e la loro lucentezza dura molto di più.

Come riporle poi una volta usate?

Semplicemente lavandole, asciugandole con un panno morbido e  avvolgendole prima nella carta velina, poi in un panno, quindi riponendole nel cassetto.

Non lasciamole lì dentro a lungo però, usiamole.

Usiamole anche tutti i giorni e se le utilizziamo quotidianamente è ovvio che non serve nemmeno seguire il procedimento sopra descritto.

Ricordiamoci che sostanze come aceto e limone non vanno utilizzate nella pulizia dell’argento e che il sale poi, invece di pulire, al contrario tende a scurire l’oggetto.

Comunque sul mercato, per venire incontro a chi non ha tempo per dedicarsi alla pulizia di ninnoli e di oggetti vari in argento, ci sono tantissimi prodotti specifici, come ovatte imbevute di particolari sostanze detergenti e lucidanti, oppure spray o sostanze cremose con le stesse caratteristiche.

 

 

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   Come  pulire  gli  oggetti  in  madreperla

 

La madreperla è un materiale che si ricava dall’interno di alcuni molluschi (vedi articolo sulla perla in Approfondimenti) ed è davvero molto bello quando, una volta lavorato, diventa  un po’ tutto, dal gioiello di un certo valore, al semplice bottone che valorizza in maniera elegante e raffinata le federe dei corredi da sposa.

Per meglio valorizzare i suoi riflessi e farli durare nel tempo, di solito è sufficiente una passata d’olio e una lucidata con un morbido panno (magari di flanella o di camoscio).

Ciò non vale però se lo sporco è tanto o se è parecchio tempo che l’oggetto non lo si pulisce, allora occorre il “rossetto inglese” detto anche “Rosso di Venezia” o steatite, cioè ossido di ferro sotto forma di pasta che, mescolata all’acqua, si passa con un pennellino morbido, poi si sciacqua con un panno  prima bagnato in acqua tiepida saponata e poi strizzato bene, quindi si asciuga e dopo ancora si passa a lucidare.

Il rossetto inglese è particolarmente utile nella pulizia di metalli, vetro e anche pietre preziose, però è bene sapere che è molto abrasivo, nonché tossico e che quindi non va usato spesso, ma soprattutto teniamo lontana questa sostanza dai bambini.

Non mettete mai gli oggetti da pulire a bagno, né in acqua calda, né in quella fredda: le colle potrebbero staccarsi, così come non vanno mai lavati in lavastoviglie.

E’ importante tenere sempre in mente che qualsiasi oggetto (cornici, fermacapelli, monili e ninnoli vari), non sono solo molto raffinati ed eleganti, ma anche estremamente delicati.

  

  

                                          bracciale e ciondolo in madreperla

 

 

  Consiglio

 

Se vi capita di scalfire un oggetto, non fatevi prendere dal panico, si può “nascondere” il difetto con lo smalto per unghie della stessa tonalità di colore, però perlato.

Ci vogliono un po’ di passate, un po’ di pazienza e la sicurezza che tra una passata e l’altra, lo smalto sia completamente asciutto.

 

 

 

  

 

 

 

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          La  perla

 

Questa meraviglia della natura, di forma sferica (ma non solo), prodotta dai molluschi e, in particolare, dalle Ostriche perlifere, ma ottenute anche artificialmente, non è altro che carbonato di calcio e multistrati di madreperla.

Di indubbia bellezza ed eleganza, con quella particolare luce che riesce a riflettere, può essere abbinabile ad ogni capo di abbigliamento, perché la possiamo trovare in commercio nei più svariati colori fino a ieri impensabili: azzurra, rosa, nera, gialla, oltre ai colori classici a cui siamo più abituati come bianco, crema, grigio, argento.

Cosa sarebbe il classico tubino nero senza un magnifico e semplice filo di perle?

Se crediamo di non potercele permettere, niente paura, basterà ricorrere a quelle coltivate, così difficilmente riconoscibili dalle naturali eppure così glamour.

Oppure,come già accennato nell’articolo “Gioielli e Bijoux” (vedi in Approfondimenti), si possono acquistare quelle ottenute dalla polverizzazione delle conchiglie: fanno la loro bellissima ed elegantissima figura, al pari di quelle più rare e costose.

E’ bene però sapere alcune cose importanti prima di andarle ad acquistare, perché anche per le perle (come per i diamanti), la valutazione avviene tenendo conto di alcuni parametri che si possono riassumere nelle famose 4S:

Size (taglia), dimensione;

Shape (forma), sferica, ovale, a goccia, etc…;

Shade (ombra), colore,iridescenza (meglio nota come “l’oriente” della perla), lucentezza;

Skin (pelle), qualità della superficie che non deve essere irregolare, rugosa o con imperfezioni.

In base a questi parametri si possono distinguere 3 categorie:

A= buone;     B= medie;   C= scarse

Ognuna di queste categorie poi è suddivisa in 3 gruppi: 

prima scelta, seconda scelta e terza scelta.

 

 

  

                                                    perle

 

Curiosità

 Il metodo della produzione delle perle coltivate fu messo a punto dal giapponese K. Mikimoto ( nome che ancora oggi è sinonimo di qualità, ricercatezza ed eleganza), e si può senz’altro affermare che i giapponesi ancora detengono il “potere” (per così dire) e ne custodiscono anche i segreti.

 

Consiglio

Le perle temono sostanze acide come la traspirazione e prodotti cosmetici.

Vanno pulite con sapone liquido delicato, sciacquate ed asciugate con un panno morbido.

Temono anche gli ambienti particolarmente secchi.

 

 

 

 

 

 

 

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                       Gioielli e Bijoux

 

Chissà perché quando si dice “gioiello”, il pensiero corre immediatamente all’oro;

sarà perché fin dai tempi remoti questo metallo  rimanda al giallo del sole, sarà perché nei corredi funerari di faraoni, re, imperatori l’oro impreziosiva ed accompagnava il viaggio nell’aldilà, sarà perché la ricerca di questo metallo ha condotto uomini in terre lontane, alimentando leggende più o meno fantasiose, sta di fatto che da sempre “oro” e “preziosi” o “gioie” fanno girare gran parte dell’economia di un paese, nonché la testa a molti.

Senza andare a fare tutta la cronistoria dell’oro, dell’argento (altro metallo molto ricercato) e del platino (costoso più dell’oro), questa mia riflessione vuole essere un “ponte” per condurvi dall’altra parte.

Quale parte?

Ma quella dell’alta bigiotteria!

Mi spiego e mi/vi chiedo:”ma un gioiello deve per forza essere costoso, quasi inaccessibile ai più, per essere bello?”

Non credo proprio.

Credo invece fermamente che il gioiello, oltre ad essere un piccolo o grande lusso (a seconda delle tasche), sia anche una forma d’arte e se parliamo d’arte, la creatività italiana è di sicuro la più apprezzata nel mondo.

Un mercato parallelo all’alta gioielleria è senz’altro quello dei “preziosi” a prezzi contenuti, però sempre glamour, cioè quelli (per intenderci), lavorati usando materiali come vetro, acrilico, pietre colorate, acciaio, ceramica, legno, ecc…

Collane semplici o multifilo, bracciali, anelli, orecchini, ciondoli vari, lavorati e resi leggeri perché il metallo usato è vuoto dentro, quindi  anche facilmente portabili dalla mattina alla sera.

Magari arricchiti da pietre più “accessibili” come onice, agata, ametista, quarzi citrini, che esaltano il gioiello senza appesantirlo.

L’arte manifatturiera poi fa il resto.

Oggi che si cerca sempre più di conciliare prezzo, qualità e tendenza, si può personalizzare un look ed essere al tempo stesso molto glamour, senza doversi svenare, utilizzando dei bijoux.

La ricerca dei materiali, la lavorazione, la manifattura e la creatività al pari dell’alta gioielleria, rendono questi “semi” gioielli quasi veri e, nel contempo, appagano qualche sogno o desiderio altrimenti impossibile.

Per esempio, quelle che sembrano delle bellissime e costose perle, altro non sono che conchiglie polverizzate, poi rimpastate e modellate a forma di perle.

Geniale no?

Alla fine ciò che conta davvero è la nostra personalità, siamo noi a rendere tutto speciale e così abbinare i colori  del gioiello o del bijou all’abbigliamento, alla stagione e, perché no, all’umore, può diventare un modo piacevolissimo di valorizzare non solo il gioiello indossato ma anche e soprattutto il nostro modo di essere.

Vi pare poco?

 

Un consiglio

Come fare per conservare un gioiello?

Un sacchetto in fibra naturale che permette l’ossigenazione sarebbe l’ideale.

Per pulire invece un gioiello è sempre meglio rivolgersi al proprio orafo di fiducia.

 

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I  funghi

Dovete sapere che il mondo dei funghi è un regno a sé, in quanto non sono né animali, né vegetali, però allo stesso tempo (e questo è il bello), possono essere considerati sia piante (perché legate al terreno con tanto di radici, frutto e spore, anche se mancano di fotosintesi clorofilliana) e sia animali, (perché hanno cellule rivestite di una sostanza chimica detta “chitina” tipica degli animali e perché “mangiano” come gli animali, solo che lo fanno decomponendo e riducendo le sostanze complesse a sostanze più semplici, per  poi  assorbirle). 

Vale a dire che i funghi, fondamentalmente, nascono per mangiare e non per essere mangiati,però paradossalmente, con loro si possono preparare dei piatti veramente gustosi.

Curioso e bellissimo questo mondo,non vi pare?

Ma vediamo nel dettaglio, i funghi si distinguono in:

Saprofiti, che hanno bisogno per vivere, di sostanze non viventi del substrato,in pratica riciclano materia  organica come legni, foglie morte, etc… sono dei decompositori.

Parassiti, che vivono a spese di altri organismi.

Simbioniti o simbionti, cioè attaccati agli alberi, ai cespugli, in simbiosi, appunto.

Altre forme di simbiosi, fra alghe e funghi, danno origine ai licheni,ma questo è un altro discorso.

I funghi oltre a trovarli in natura, si possono anche coltivare “artificialmente”, in maniera domestica e/o industriale.

Come si fa?

Bisogna seguire alcune regole, come per esempio la scelta del terriccio  o substrato formato da paglia di fieno, d’orzo, di soia e  pollina (un concime naturale dei campi), si lavora il tutto (nelle aziende c’è un’apposita macchina),poi si pastorizza per neutralizzare i nemici del micelio,quindi si procede a seminare il micelio stesso.

Il seme metterà radici (o muffe) che si propagheranno invadendo il substrato, ciò significherà che l’incubazione è avvenuta e che, quindi è iniziata la fase riproduttiva.

Ora si tratta di mantenere nell’ambiente una temperatura intorno ai 16/18° con una buona ventilazione e ricambio d’aria, per spazzare via l’accumulo di anidride carbonica emessa durante l’incubazione.

All’incirca 35/40 gg. dopo la semina, sopra l’intera coltura spunteranno  tantissimi punti bianchi.

Saranno funghi veri e propri, pronti da cogliere, nel giro di qualche giorno.

Inoltre è bene sapere che alcuni funghi sono velenosi, addirittura mortali, quindi quando ci si avventura nei boschi per raccoglierli non bisogna improvvisarsi  intenditori o confidare nell’esperienza di anni precedenti (li conosco, ci vado ogni anno per funghi), ma prima di cucinarli, andrebbero fatti esaminare molto attentamente da un esperto davvero qualificato, chiamato micologo.

 

 

Curiosità

 

I funghi buoni da mangiare vengono chiamati: funghi eduli.

 

 

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Gli  uliveti

Sempreverdi e longevi tipici delle zone temperate, gli ulivi sono le piante più diffuse in Italia e lungo il bacino del Mediterraneo.

La Sardegna poi, ne è piena.

Se vogliamo mettere su anche noi un piccolo uliveto, dobbiamo sapere  che, prima di tutto ci vuole un clima mite, quello rigido dell’inverno è dannoso, (per cui se abitiamo in alta montagna… beh, è il caso di desistere), poi per la scelta del terreno, sappiate che può andar bene anche uno riconvertito dei pascoli.

Quindi acquistiamo le piante (che abbiano almeno cinque anni),

le mettiamo a dimora, possibilmente con dei tutori di legno per far si che le piante si tengano ben dritte, dopodiché la irrighiamo con cura.

Di solito attecchiscono senza problemi e la crescita è piuttosto veloce, infatti dopo cinque anni dall’interramento, le piante mettono i frutti (le olive, appunto), pronti da raccogliere.

La raccolta che, a seconda delle fronde può essere manuale (detta brucatura) o meccanica, si effettua da  metà Ottobre a metà Novembre, ma in zone particolarmente calde anche fino a Dicembre.

Si stendono a terra delle reti e con degli appositi rotatori si fanno cadere le olive che poi vengono divise dalle foglie, quindi si procede al lavaggio dentro apposite vasche e poi vengono frante.

Si divide la sansa dall’olio e quindi si passa all’imbottigliamento.

L’acido oleico, contenuto nell’olio deve essere al di sotto dell’0,8% e poi per essere veramente buono deve avere un aroma fruttato e un gusto piccante/amaro.

Inoltre secondo la normativa del 1° Luglio 2009, nell’etichetta deve essere riportato il luogo di origine delle olive e questo, naturalmente, per una maggiore chiarezza a favore del consumatore.

 

Se ne avete la possibilità, portate i bambini a passeggiare tra gli ulivi, sarà interessante, bello, salutare e se poi avete la fortuna di incontrare un esperto, beh allora sarà anche molto  istruttivo.

 

 

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       La produzione dell’oro

  

Il processo di produzione dell’oro può essere diviso in sei fasi principali:

  

 1)      l’individuazione del giacimento;

 2)     la creazione di un accesso al giacimento;

      3)     l’asportazione del minerale attraverso estrazione o frantumazione;

      4)      il trasporto del minerale dal giacimento agli impianti per il trattamento;

      5)      la lavorazione;

6)       la raffinatura.

 

  

Ciò è applicabile sia alle miniere sotterranee che a quelle di superficie.

Le principali raffinerie d’oro mondiali si trovano vicino alle maggiori miniere o ai più grandi centri di lavorazione dei metalli preziosi.

In termini di capacità, la raffineria più grande è la Rand Refinery di Germiston, in Sudafrica.

In termini di produzione, la più grande è la raffineria Johnson Matthey di Salt Lake City, negli Stati Uniti.

Invece di acquistare l’oro e di rivenderlo poi sul mercato, il raffinatore riceve solitamente una commissione dal proprietario della miniera.

Una volta raffinati, i lingotti (con una purezza del 99,5% o superiore) vengono venduti ai rivenditori di metalli preziosi che, a loro volta, commerciano con i settori dell’oreficeria, dell’elettronica o degli investimenti.

Il ruolo del mercato dei lingotti, come fulcro del ciclo della domanda/offerta ( in assenza di grandi contratti bilaterali tra proprietari di miniere e fabbricanti) facilita la libera circolazione del metallo e sostiene il meccanismo del libero mercato.

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ARGENTO

 

Nell’antichità l’argento era connesso al culto delle divinità lunari ed era, per valore, secondo solo all´oro, anche se, in confronto a questo metallo, è in natura molto più comune.

 

Lavorazione dell’argento.

 

L’argento è molto duttile e malleabile, può essere colato e lavorato a martellatura, fino a divenire una foglia sottilissima, come può essere anche usato per produrre filo ritorto, per lavorazioni simili a ricamo.

È, inoltre il materiale ideale per lavori a sbalzo di grande finitura.

Microfusione o fusione a cera persa: procedimento che consente di ottenere gioielli e non solo, partendo da un modello in cera.

Poi c’è l’assemblaggio dei vari elementi che compongono un gioiello, compresa l’incastonatura delle pietre e la punzonatura, cioè viene impresso il titolo e il marchio di fabbrica.

Una volta assemblati i vari elementi per ovviare al fenomeno dell’ossidazione si procede al decappaggio, cioè  acqua e acido solforico a bassissima percentuale che schiarisce il metallo.

Il gioiello viene quindi rifinito e lucidato.

Ultimo passaggio è la galvanica, il procedimento elettrochimico con il quale l’argento viene rivestito con uno strato sottilissimo di un altro metallo, di solito il palladio o il rodio, per renderlo più luminoso e proteggerlo dal fenomeno dell’ossidazione.

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