I
Riccardo e Sara si conoscono da ragazzini e col passare degli anni, la loro amicizia si è trasformata piano piano in qualcosa di unico e profondo.
Caratterialmente opposti, sono però intellettualmente uniti, amano leggere e confrontarsi su tutto:dall’ultimo libro acquistato ad un semplicissimo articolo di giornale.
Adorano passeggiare per le strade di Roma, specialmente a fine giornata, quando il tramonto li avvolge con mille calde sfumature e tenendosi per mano, camminano, parlano, sognano…..ignari del destino che sta per compiersi e che cambierà, di lì a poco, non solo ogni loro progetto, ma addirittura le sorti di un’intera umanità.
Siamo nell’Italia del 1938 e quell’inverno ormai alle porte, non lo avrebbero mai più dimenticato.
Per loro, ebrei osservanti, che adoravano il Dio d’Israele, che si recavano ogni sabato in Sinagoga per la lettura della Torah, che avevano festeggiato insieme il bar/bat mitzvah e che le loro famiglie celebravano sempre insieme i riti più solenni, il credo religioso non era mai stato un problema, immersi com’erano in una società dalle tante sfaccettature, tra cristiani, atei e politicanti di vario genere!
Ma ora ogni certezza vacillava, ogni preghiera sembrava quasi uno schiaffo al cielo, sempre più lontano e silenzioso. Il mondo si stava sgretolando e i pezzi cadevano pesantemente sulle vite degli uomini.
L’incredulità di quello che accadeva giorno dopo giorno,li portò alla conclusione che la religione li avrebbe, purtroppo, discriminati per sempre. Dovevano fare qualcosa, reagire in qualche modo.
Gli ebrei venivano esclusi dal servizio militare, cacciati dalla scuola, dalla pubblica amministrazione, dai negozi, dai bar, dai cinema, dai teatri….insomma dalla vita.
All’improvviso tutto era diventato difficile e tragicamente surreale.
In pericolo ora c’era anche la vita e a loro, come a tutti gli ebrei, è fatto obbligo di cucirsi sui vestiti o su una fascia da portare al braccio, la stella di David, in modo da essere riconosciuti dagli “altri”.
Così gli aguzzini non potevano sbagliare persona, quando si divertivano a deriderli, ad insultarli, a malmenarli e ad annientarli nel corpo e nello spirito.
Inoltre cominciano a girare strane ed inquietanti voci sugli ebrei che vengono deportati nei tanti campi di lavoro in Germania e in Polonia, stipati fino all’inverosimile dentro carri bestiame per settimane intere senza cibo né acqua, uomini, donne e bambini senza alcuna pietà.
Nessuno ritorna e non si conosce la sorte di quelli che vengono rastrellati, presi e caricati su carri o su camionette tedesche. E’ il caos: lungo le strade orde di affamati, bambini che elemosinano, tutti accomunati dallo stesso sguardo che invoca pietà.
Soltanto un po’ di pietà.
Anche nel ghetto, sopravvivere a quell’orrore non è semplice, così Riccardo e Sara, decidono di fuggire via e di riparare in Svizzera, la neutrale Svizzera.
Il tempo di studiare su una cartina i vari spostamenti, preparare un piano, caricare in spalla una sporta con qualche misera provvista e finalmente una notte, col favore del buio, inizia la fuga verso una nuova realtà, senz’altro più “umana”.
Dopo tanti paesi attraversati a piedi o con mezzi di fortuna, camminando più di notte che di giorno, soffrendo fame, sete e freddo insieme ad un altro gruppo di disperati come loro, si ritrovano in aperta campagna, senza un casolare o un grosso albero a nasconderli né cespugli per mimetizzarsi, nulla.
Camminano allora, carponi raso terra, in silenzio, nell’aria nera si sentono solo i loro respiri affannati e così, proseguono come animali bastonati e feriti che non hanno la forza nemmeno di alzare la testa……..e proprio quando pensano di avercela fatta, di aver imboccato un sentiero costeggiato di grosse pietre, di essersi tolti da quella pianura larga e spoglia senza alcun riparo, ecco succedere l’irreparabile: i cani il cui fiuto è infallibile anche se il naso è gelato, li scovano, li inseguono e mentre corrono a perdifiato, Sara inciampa e cade miseramente.
La sua corsa verso la libertà finiva lì, davanti a due cani inferociti e a degli uomini in divisa che la tenevano sotto tiro urlando secche ed incomprensibili parole.
Viene spedita in uno dei tanti campi di lavoro, dove sperimenta sulla propria pelle le più impensabili atrocità e dove vede annientarsi ogni giorno di più, la mente e il corpo.
II
Finita la lunga, interminabile guerra, con molta difficoltà cerca di tornare alla vita.
A quella vita che le era stata negata e mai aveva compreso bene da chi e perché.
Perché tanti innocenti mandati a morire?
Ancora adesso le mancava la risposta.
Quante ferite e il numero tatuato sul braccio è sempre lì a ricordarle ciò che è stato (annientamento totale della persona) e ciò che è stata: disperata tra disperati.
Un giorno mentre è seduta in un parco, assorta nei suoi pensieri, viene avvicinata da un uomo dai modi gentili che inizia timidamente a parlare.
All’inizio le solite cose sul tempo, sulle stagioni e sulla vita in generale, poi le quattro chiacchiere diventano “confidenze” e anche molto personali.
L’uomo è cieco e parlando di lui e della sua vita, racconta della guerra e di come perse la sua ragazza una sera d’inverno mentre cercavano di riparare in Svizzera, presa dalle SS tedesche e sicuramente fucilata sul posto.
Piange mentre ricorda e il rimorso di non aver potuto fare niente per lei, ritorna come una pena maledetta a straziargli l’anima e a Sara si stringe il cuore.
D’un tratto le sembra di rivedersi, stanca, infreddolita, affamata con altri compagni di fuga, che scappa lontano, via dall’orrore, via dalla guerra e poi la caduta tra le sterpi, nella notte buia e gelida.
L’abbaiare dei cani, ancora ce l’aveva nelle orecchie, ancora non aveva dimenticato: quante notti quei cani erano stati il suo incubo!
Sara lo riconosce, vorrebbe abbracciarlo e dirgli un’infinità di cose, ma le manca il coraggio di presentarsi e così dice di conoscere quella ragazza, di essere stata sua amica. La ricorda molto bene, non faceva altro che parlare del suo amore, del suo Riccardo, dei tanti sogni e degli altrettanti progetti….
Sara e Riccardo si incontravano ogni giorno, parlavano, ricordavano, a volte sorridevano altre volte invece si commuovevano.
Insieme piangevano.
La guerra aveva, inevitabilmente, cambiato e segnato le loro anime per sempre, ma ora qualcuno lassù li osservava e forse li benediceva: dopo tanta sofferenza le loro preghiere, finalmente venivano accolte.
La conoscenza tra i due, diventa profonda, importante tanto che Sara decide di svelarsi.
Si erano ritrovati, sembrava impossibile, eppure era accaduto.
Riprendono ora le passeggiate per le strade di Roma, specialmente a fine giornata quando il tramonto li avvolge con mille calde sfumature, tenendosi per mano.
Alle spalle i ricordi, all’orizzonte il futuro.