Agricoltura biodinamica
(corno letame)
Tante sono le pratiche per concimare i terreni,lo sanno bene i contadini e tutte le persone che lavorano la terra (sia per hobby che per mestiere), ma per quanto riguarda l’agricoltura biodinamica, la pratica più strana e/o più curiosa è, forse, quella conosciuta con il nome di "corno letame".
Si tratta diletame fresco messo a “macerare” dentro corni di vacca, (vacche che abbiano partorito almeno una volta),poiinterrati/sotterrati in autunno e dissotterrati a primavera.
Il prodotto finito si presenterà come un composto colloidale, elastico, fresco, praticamente un humus allo stato puro, ottimo, appunto, come fertilizzante naturale che favorisce e stimola, la fertilità dei terreni e la crescita delle piante.
Per una riuscita davvero ottimale, prima di usarlo andrebbe miscelato e dinamizzato con acqua (intiepidita),di pozzo o addirittura di sorgente.
Chi non ha queste possibilità, può utilizzare anche l’acqua piovana, purché non stagnante.
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La fertilizzazione è una pratica colturale estremamente importante, in quanto da essa dipendono il regolare sviluppo delle piante, la quantità di produzione e la sua qualità; nello stesso tempo occorre ricordare che un' eccessiva disponibilità di elementi nutritivi nel terreno può determinare una maggior sensibilità a patogeni e parassiti, nonché favorire lo sviluppo di erbe infestanti.
E' bene inoltre sottolineare che vi è una particolare attenzione da parte dell' opinione pubblica e del legislatore per quanto attiene la conservazione dell'ambiente e l'agricoltura deve essere sempre più eco-compatibile.
Per ottenere il migliore compromesso fra quantità e qualità della produzione e reddito dell' agricoltore da un lato e inquinamento dell'acqua, aria e suolo e dall'altro, occorre razionalizzare la fertilizzazione, tenuto conto che ad essa sono connessi i rischi di inquinamento delle acque di falda e un eccesso di nitrati sui prodotti raccolti.
Questi timori sono particolarmente avvertiti nelle aree a prevalente indirizzo orticolo soprattutto per due motivi:
• elevata intensificazione colturale che comporta la successione di più specie o cicli nell'arco dello stesso anno
• superficialità dell'apparato radicale di molte specie coltivate, il quale, legato alla breve durata del ciclo vegetativo e alla struttura della pianta, non consente di esplorare gli strati profondi di terreno sfruttandone la relativa fertilità.
Occorre infine considerare che la fertilizzazione è stata effettuata per molto tempo in base alle conoscenze empiriche dell'agricoltore, con 1'obiettivo unico di massimizzare le rese senza considerare altri aspetti.
La gestione corretta di questa pratica è uno degli obiettivi che ci si è posti all'interno di un progetto, dove diverse unità operative stanno studiando orticole ed erbacee gestite con metodi di agricoltura biologica.
L'attività è sviluppata sia nell'ambito di specifiche prove che all'interno di sistemi aziendali dove si effettua una valutazione della concimazione congiuntamente alle altre pratiche.
Per una corretta impostazione dei piani di concimazione è necessario conoscere il fabbisogno delle singole colture, la fertilità naturale del terreno, la piovosità, le modalità di rilascio degli elementi della fertilità nei diversi concimi utilizzabili, la precessione colturale e la fertilità residua. Alcuni di questi elementi si trovano in letteratura, altri invece necessitano di una verifica sperimentale che deve essere effettuata nell' ambiente in cui si opera per tener conto delle variabili pedoclimatiche.
Occorre inoltre considerare che l'agricoltura biologica a fronte di una progressiva riduzione dei prezzi unitari alla vendita, necessita di razionalizzare le tecniche colturali, e fra queste la concimazione, per ridurre i costi di produzione e per fornire un prodotto di elevata qualità non solo dal punto di vista sanitario ma anche estetico e commerciale.
In agricoltura biologica la fertilizzazione è una pratica che viene rivolta al terreno, che deve essere nelle migliori condizioni possibili di fertilità biologica, chimica e di struttura fisica, e non direttamente alla pianta, per consentirne uno sviluppo equilibrato.
Quindi la concimazione non deve portare ad una rottura dell' equilibrio fra gli elementi o ad un eccesso degli stessi: questo per ragioni agronomiche, economiche e ambientali.
La strategia seguita per la concimazione di molte colture all'interno delle prove, prevede di apportare quantitativi di concime sufficienti a coprire le differenze fra i fabbisogni delle colture e le disponibilità di elementi fertilizzanti, presenti nel terreno o derivanti dalla mineralizzazione della sostanza organica, dall'interramento di sovesci e/o residui colturali, dalle acque di irrigazione ecc.
Per quanto riguarda le asportazioni, dopo due anni di verifiche analitiche e dopo aver confrontato i valori raccolti con altri ottenuti nell'ambito del progetto (finanziato dall'Unione Europea dal 1997 al 2000), si dispone di dati sufficientemente attendibili circa i quantitativi di elementi assorbiti dalle colture e presenti nei residui colturali.
Tali valori costituiscono una base di informazione estremamente utile per la gestione della concimazione.
Attraverso la produzione di orticole si asportano dal terreno ridotte quantità di fosforo e magnesio, mentre decisamente più elevati sono i quantitativi di potassio e di azoto.
Nel caso di estensive quali mais e frumento a fronte di asporti discreti di azoto (anche se decisamente inferiori rispetto al convenzionale), le asportazioni di fosforo e potassio sono molto inferiori.
Considerando anche i dati, relativi ai residui colturali, si ha una sostanziale conferma di quanto sopra detto.
Sommando i valori delle due tabelle si ricava quanto la coltura assorbe nel corso del ciclo vegetativo.
Relativamente all' azoto occorre considerare che la sua efficienza è ridotta causa le perdite cui va soggetto una volta distribuito e varia in funzione del tipo di fertilizzante, delle tecniche colturali adottate, della frequenza con cui viene distribuito, delle condizioni pedoclimatiche dell' ambiente ecc.
All'atto di stabilire i quantitativi di concime necessari alla coltura, occorre tener conto di questa ridotta efficienza e aumentare le quantità da apportare sulla base di dati disponibili in letteratura o su esperienze pratiche.
Molto interessanti risultano i dati che dimostrano il valore dei residui colturali in termini di apporto di elementi fertilizzanti e l'importanza di adottare successioni colturali che permettano di utilizzare al meglio questi apporti.
Occorrerà comunque tenere conto dei tempi necessari perché gli elementi nutri¬tivi vengano resi disponibili ed ottimizzare di conseguenza le tecniche colturali.
Un rapido esame dei dati ci mostra come i residui di fagiolino e ancor più di finocchio siano in grado di apportare quantità pari rispettivamente a 70 kg e 120 kg di Azoto e 90-300 kg di K2O.
Esperienze di gestione dei residui colturali indicano come una coltura di fagiolino garantisca oltre il 50% del fabbisogno di azoto di una coltura di finocchio e in alcuni casi l'intera esigenza di una coltura di lat¬tuga in ciclo estivo.
Nel caso di colture estensive l'interramento dei residui colturali fornisce invece quantitativi decisamente più modesti di nutrienti.
Maggiore è l'apporto dovuto alle colture da sovescio che nei due anni forniscono in media rispettivamente 229 kg di Azoto, 71 di P20S' e 321 di K2O (Sovescio l) e 112 kg di Azoto, 30 kg di P20S' e 72 di K2O (Sovescio 2).
Sulla base degli ultimi valori ben si comprende come questa tecnica sia una pratica da raccomandare in agricoltura biologica per fertilizzare le colture in successione, ma anche per altre positive funzioni quali ridurre la stanchezza dei terreni, migliorare la dotazione di sostanza organica e control¬lare le infestanti.
Da anni le unità operative impegnate all'interno del progetto stanno conducendo esperienze positive sui sovesci ed oggi si può affermare, ad esempio, che un sovescio di veccia in Umbria o miscuglio di avena, veccia, pisello in Emilia sono in grado di fornire gli elementi nutritivi necessari alla coltivazione del pomodoro da industria, come allo stesso tempo un sovescio misto di orzo, favino e veccia garantisce oltre 1'80% del fabbisogno di una coltura da fragola in Romagna.
Per correttezza d'informazione occorre però sottolineare che i sovesci possono essere realizzati se c'è un intervallo sufficiente fra due colture, se il tipo di terreno e l'epoca di lavorazione lo consentono.
Si possono, infatti, riscontare difficoltà di interramento sui terreni argillosi, se bagnati e soprattutto si corre il rischio di danneggiare la struttura dei terreni.
Inoltre si può avere un allungamento dei tempi di rilascio degli elementi nutritivi nel caso di temperature basse o carenza di piogge.
Quanto detto deve essere attentamente valutato nel momento in cui si disegna una successione colturale.
Dopo aver valutato i calendari di coltivazione delle diverse specie, salvaguardato gli aspetti organizzativi dell' azienda e gli aspetti economici, la scelta dovrebbe prevedere che le colture più esigenti seguano quelle con maggior fertilità residua e che allo stesso tempo le colture con maggiori residui coltivate nell'autunno, possano essere seguite da una coltura di copertura per evitare che l'azoto liberato possa approfondirsi nel terreno, al di sotto della zona esplorata dalle radici delle colture.
La concimazione in agricoltura biologica può presentare difficoltà quando, in funzione delle analisi del terreno, si renda necessario apportare soltanto uno o due elementi.
In questo caso la maggior parte delle tradizionali matrici organiche (letame, pollina, compost.) non consente di mettere in pratica le strategie basate sul bilancio dei singoli nutrienti in quanto è difficile dosarne i rapporti. In questo caso è buona norma apportare quantità di fertilizzanti in grado di soddisfare le esigenze di azoto, essendo questo l'elemento fondamentale per lo sviluppo delle colture e quello che provoca i maggiori problemi ambientali e colturali.
Quando si debbano apportare elementi nutritivi, si ricorre tradizionalmente all'impiego di letame maturo, che svolge anche un' efficace azione ammendante;
tuttavia essendo sempre più difficile il suo reperimento, si possono utilizzare anche compost di qualità o pollina compostata.
Quest'ultima matrice ha un rilascio molto rapido dell' azoto e occorre evitare dosaggi troppo elevati, che possono determinare sviluppo eccessivo della coltura nelle prime fasi e che possono avere effetti negativi sullo stato sanitario e anche sulla produzione.
Non disponendo delle matrici sopra indicate, per soddisfare le esigenze delle colture (maggiori per le colture orticole intensive) si possono distribuire concimi organici commerciali tenendo conto che la velocità di rilascio degli elementi è diversa a seconda della tipologia e che spesso è bene miscelare più tipi di concime per assi-curare la disponibilità di elementi durante tutto il ciclo.
Su colture di particolare pregio, allevate sia in serra che in pieno campo, si può ricorrere in particolari fasi del ciclo vegetativo (ripresa vegetativa, ingrossamento dei frutti, ecc.), o per far fronte a situazioni di stress, anche alla fertirrigazione con concimi organici liquidi.
Sono state condotte prove utilizzando Borlanda e sangue idrolizzato, che non hanno mostrato nette differenze fra i due in termini di efficacia. Tenuto conto che sono diversi i titoli di azoto come pure le caratteristiche di salinità e il costo unitario, ogni azienda può decidere cosa utilizzare in base ai propri terreni ed obiettivi.
Nelle situazioni di elevata dotazione di fosforo e potassio in particolare, può rendersi superflua un'ulteriore aggiunta di tali elementi che però sono sempre presenti nei tradizionali ammendanti; in questi casi può essere opportuno utilizzare sovesci integrandoli con l'aggiunta di concimi organici ad alto titolo di azoto.
Le esperienze finora condotte portano a ritènere fondamentale nell'agricoltura biologica la buona dotazione naturale di sostanza organica. Quando il suo tenore sia troppo basso occorre incrementarlo attraverso 1'apporto di ammendanti organici di qualità non sempre facili da reperire, interrando i residui colturali e ricorrendo ai sovesci.
L'attività svolta ci porta a ritenere attuabile anche in biologico una razionale gestione della fertilizzazione evitando che gli apporti risultino troppo elevati rispetto agli asporti;
occorre tuttavia sottolineare che i positivi effetti delle colture da sovescio non sono applicabili a tutte le situazioni e che il ricorso ai concimi organici commerciali e alla fertirrigazione comporta spesso costi decisamente elevati.
Per far fronte a questo problema e all'esigenza di reperire ammendanti nelle zone con ridotta presenza di allevamenti animali, è necessario per il futuro mantenere le ricerche sulle colture da sovescio e svolgere una più incisiva attività sui compost di varia origine che presentino comunque i necessari requisiti per essere applicati in agricoltura biologica.
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